C’è una soglia invisibile che ogni coaching potente attraversa. Un momento in cui il coachee, dopo riflessioni, emozioni e domande profonde, pronuncia parole nuove che non parlano solo di obiettivi: parlano di ciò che desidera diventare, di ciò che desidera cambiare nel mondo.
Ogni grande trasformazione personale o professionale parte da un atto di immaginazione: vedere con occhi nuovi un futuro che ancora non esiste, ma che può diventare reale. È in quel momento che nasce la vision – non un semplice obiettivo, ma una vera e propria architettura mentale ed emotiva che guida, ispira, orienta.
Secondo Jack Canfield, la vision è ciò che permette a chiunque di “allineare i pensieri, le emozioni e i comportamenti in direzione di ciò che conta davvero“. Nel coaching trasformazionale, la vision diventa la bussola che trasforma l’identità e orienta le scelte nel tempo.
Perché la vision è centrale nel coaching?
Come coach, facilitare la progettazione di una visione potente significa aiutare le persone a uscire dal “che cosa voglio ottenere” per entrare nel “chi voglio diventare” e “che impatto desidero avere sul mondo”.
E proprio qui avviene il salto: la vision non è una frase motivazionale, è un processo identitario e collettivo, che mobilita intelligenze, risorse, alleanze.
“La visione senza azione è un sogno. L’azione senza visione è un incubo.”
— Proverbio giapponese
Aiutare una persona a vedere se stessə nel futuro che desidera, a disegnarne i contorni emotivi e simbolici, è uno degli atti più profondi e generativi che possiamo facilitare.
Robert Hargrove, nel suo celebre “Masterful Coaching”, afferma che una vision potente “crea una frattura nel continuum del passato e apre la porta a un futuro di possibilità radicalmente nuove”. In altri termini, una vision efficace non migliora il passato: lo supera. Ed è proprio questo che rende il coaching un atto di creazione, non di riparazione.
Aiutare una persona a generare la propria vision significa ridarle potere, orientamento e ispirazione. È l’arte sottile del coaching: aprire spazi per immaginare e vivere il meglio di sé e degli altri.
Come si costruisce una vision mobilitante?
La vision è un processo, non un prodotto. Per questo ti proponiamo un metodo che integra diversi modelli e le pratiche di coaching trasformazionale, articolato su tre passaggi chiave.
1. Evoca l’immaginazione
Accompagna la persona ad attivare i suoi sensi e simboli:
“Chi sarai fra cinque anni se tutto ciò che desideri si realizza?”
“Cosa vedrai, sentirai, farai, quando vivrai quella versione di te stessə?”
Usa tecniche di visualizzazione, immagini guida, archetipi. La visione si costruisce più con il cuore che con la logica.
2. Allinea al “perché”
Chiedi con gentilezza e profondità:
“Perché è importante per te questa visione?”
“Cosa dice di te come persona?”
Come ci ricorda Simon Sinek, le persone non seguono “cosa fai” ma “perché lo fai”. Il coaching aiuta a trasformare la motivazione in significato.
3. Verifica l’impatto relazionale
Una visione ha valore quando non resta privata, ma diventa co-creata.
Domande utili:
“Chi sarà ispiratə dalla tua visione?”
“Quale impatto vuoi generare negli altri, nella tua comunità, nel mondo?”
Questa fase permette di passare da una visione ego-centrata a una eco-centrata: cioè capace di generare relazioni, coinvolgimento, intelligenze collettive.
Lo sapevi?
Secondo The Power of Habit di Charles Duhigg, una vision chiara è uno dei principali “keystone habits” che attivano trasformazioni profonde e sostenibili, sia nei singoli che nelle organizzazioni.
Un commentatore di WordPress
di Flaminia Fazi