Oltre la soglia dei 55 anni
Ci sono età che non sono semplicemente numeri: sono soglie interiori. I 55 anni rappresentano per molte persone un punto di passaggio profondo: una fase in cui si comincia a guardare al futuro con una diversa consapevolezza, ponendosi domande che hanno a che vedere anche con l’ambizione ma sono attraversate da una profonda ricerca di senso.
In questa fase, nel ciclo di vita e carriera, emergono con forza nuove priorità, dubbi, bisogni di ridefinizione. Alcuni obiettivi di vita sono stati realizzati, si osservano i cambiamenti nei contesti professionali determinati dall’adozione di nuovi processi e dall’inserimento dei più giovani, che con sè portano anche le loro diverse culture.
Il coaching, in questa cornice, diventa uno strumento prezioso non solo per generare nuove possibilità, ma per restituire significato e direzione a chi sta affrontando questi snodi. Per chi è coach, è un’opportunità straordinaria di facilitare un tipo di cambiamento che è esistenziale prima ancora che professionale, e quando si lavora con clienti che attraversano queste soglie della maturità professionale, è utile ispirarsi a prospettive che vanno oltre i modelli classici. Eccone alcune:
1. Antropologia del ciclo di vita: l’arco delle quattro età
Molte culture tradizionali, tra cui quelle dei nativi americani e delle popolazioni africane, riconoscono “la terza età” non come declino ma come il tempo del dono del sapere: è l’età dell’“insegnante”, del “guardiano della memoria”. Il coaching può accompagnare il cliente a riscoprirsi in questo archetipo, riattivando un senso di missione nuova centrata sul dare agli altri ciò che si è appreso nella vita.
2. Neuroscienze e flessibilità cognitiva
Contrariamente a ciò che si pensa, la neuroplasticità cerebrale persiste anche dopo i 60 anni. Le ricerche di Norman Doidge e Michael Merzenich mostrano che è possibile apprendere nuove competenze, avviare progetti innovativi e cambiare abitudini anche in età matura. il nostro sistema neuroligico continua a generare nuovi neuroni durante tutto il corso della vita. Rispetto a questo, il coaching può lavorare sulle convinzioni limitanti legate all’età con domande potenti che sbloccano il mindset e riportano il cliente in uno spazio di possibilità e di generatività.
3. La poetica della seconda metà della vita
David Whyte, poeta e filosofo del lavoro, parla del “Midlife Invitation” come il momento in cui siamo chiamatə a non essere più chi pensavamo di dover essere. Questa è una chiave profonda da usare nel coaching trasformazionale: non guidare a “tornare produttivə”, ma piuttosto a “trovare nuova voce”; per usare un’espressione di Stephen Covey, “scoprire e far emergere la propria voce autentica”.
4. La regola di Saturno
In astrologia archetipica (e in psicologia junghiana), intorno ai 56-58 anni si attraversa il “secondo ritorno di Saturno”: una fase che porta a ridefinire il proprio ruolo nel mondo. È un passaggio potente, che i clienti vivono spesso con un senso di irrequietezza e in cui il coaching può aaccompagnare nell’integrare la propria ombra, riconoscere la saggezza accumulata e progettare un ultimo tratto di vita pienamente scelto e consapevole.
5. Ecologia della persona: coltivare un tempo lento e profondo
Nel coaching ecologico ispirato al lavoro di Gregory Bateson e alla Fifth Discipline di Peter Senge, le persone sono viste come sistemi interconnessi. Dopo i 55 anni, rallentare può diventare una sana strategia di rigenerazione, se si segue l’invito a “non solo fare, ma essere” — e creare spazi per pensare, contemplare, contribuire con qualità alla società ed alla comunità di riferimento. Il coaching diventa uno spazio in cui si sviluppa questo campo in cui il ritmo cambia, rallenta e non si focalizza più sull’accelerare le performance ma piuttosto diventa custode del tempo profondo.
Le quattro transizioni più frequenti dopo i 55 anni
- Il disincanto professionale
La persona sente che “il lavoro non la rappresenta più”: può aver raggiunto traguardi importanti, ma percepisce una disconnessione tra il fare e l’essere. Il linguaggio tipico è: “Mi chiedo cosa ci sto ancora a fare qui”, oppure “Sento che sto solo tirando avanti”.- Coaching focus: lavorare sulla riconnessione con i propri valori, esplorare il senso attuale del contributo che la persona sente di dare e facilitare la costruzione di un nuovo scopo, anche attraverso esercizi di journaling trasformativo e l’uso della ruota della vita ritarata sugli assi dell’età adulta.
- La transizione da ruoli attivi a ruoli di mentoring
Professionisti di esperienza possono non sentirsi più all’altezza di quel ritmo interno che hanno sempre seguito e che non sembra più essere sostenibile seppure sentano di avere ancora molto da offrire, con il rischio di sentirsi “superatə” o “inutilə”.- Coaching focus: valorizzare il senso di identità come “portatore di conoscenza”, accompagnare nel riconoscere il valore della leadership generativa e creare piani per la trasmissione di competenze, per assumere ruoli di formazione, supporto, guida.
- La gestione della transizione personale-lavorativa
Alcunə vivono situazioni familiari complesse e contingenti – genitori anziani da accudire, mentre i figli che escono di casa, e a volte i rapporti di coppia prendono la strada della separazione. Inevitabile un senso di urgenza per soddisfare un bisogno forte di riorganizzazione del proprio assetto di vita e lavoro.- Coaching focus: facilitare la consapevolezza del proprio sistema di appartenenza, integrare il tempo personale e professionale come leve di benessere e non come dualità in conflitto.
- Il desiderio di un nuovo inizio
Per alcune persone, i 55 anni sono una chiamata al cambiamento radicale: non per rispondere ad una crisi, ma per un forte desiderio emergente: avviare una nuova attività, trasferirsi, imparare qualcosa di nuovo, cambiare completamente settore professionale.- Coaching focus: lavorare con strumenti orientati all’azione e al futuro, stimolare la motivazione interna, usare modelli di interpretazione dei passaggi evolutivi per valutare il momento che sta vivendo il cliente e supportarlo con gli strumenti più idonei.
Le chiavi per un coaching efficace in questa fase
- Lavorare con il tempo profondo: le persone in questa fase portano una memoria lunga e una visione del tempo che non è più solo proiettiva. Serve un ascolto che tenga conto della biografia e della costruzione di senso.
- Attivare il potenziale spirituale e creativo: ispirarsi a modelli che riconoscano la dimensione ontologica e creativa della trasformazione.
- Coltivare speranza e possibilità: come scrivono Kouzes e Posner in Credibility, i leader (e i coach) devono “sostenere la speranza”: si tratta di aiutare a vedere che il cambiamento è possibile e che c’è ancora molto da creare, anche e soprattutto in fasi percepite come conclusive, per continuare a dare linfa vitale ad un percorso di vita che ancora ha molto tempo e opportunità davanti a sè.
Per concludere: il coaching come rito di passaggio
Accompagnare una persona oltre i 55 anni significa riconoscere in lei una saggezza che va valorizzata, ma contemporaneamente saper accogliere la vulnerabilità del cambiamento con rispetto, strumenti, umiltà e visione. Il coaching diventa un rito di passaggio moderno: uno spazio in cui riflettere, immaginare, scegliere. È un invito ad “ascoltare il nuovo” che si muove dentro, anche quando il mondo intorno sembra dirti che è tardi, perché dopo i 55, non finisce nulla: piuttosto si apre solo un nuovo capitolo — più autentico, più libero, più potente.

















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di Flaminia Fazi